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12 settembre 2012 3 12 /09 /settembre /2012 22:33

 

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L’isola non ha un nome, odora di salmastro, di fico e di elicriso.  Paolo e Luisa vi arrivano in motonave: nel carcere di massima sicurezza dell’isola ci sono i loro famigliari.

Luisa, contadina e mamma di cinque amatissimi figli, va a trovare il marito assassino; Paolo, ex professore di filosofia, non vuole abbandonare il figlio terrorista. I due sembrano non avere una via di scampo dal dolore che attanaglia i loro cuori, eppure, quell’isola tanto  inospitale regala loro la possibilità di un incontro, di un filo di speranza. Possono scambiarsi il dolore e darsi un po’ di sollievo.

Paolo e Luisa rimangono bloccati nell’isola a causa del maestrale: il direttore del penitenziario ordina alla guardia carceraria Pierfrancesco Nitti di non abbandonarli un attimo perché, in quanto parenti di criminali, sono pericolosi.  I tre condividono il tempo tra diffidenza, imbarazzo e reciproca curiosità. Anche a  Nitti,  abbruttito dalla vita del carcere e dalla violenza che fa parte della sua vita, questa esperienza  dona uno spiraglio di luce e un’idea di cambiamento.

Francesca Melandri ha scelto di raccontare il carcere, quello di massima sicurezza, attraverso le voce dei parenti dei detenuti e lo fa con grazia, attraverso sguardi, silenzi, parole sussurrate. Siamo negli anni di piombo, anni duri, violenti, che la Melandri dimostra di conoscere e che vuole mostrare al lettore in modo diverso, nuovo, con una sensibilità tutta femminile, senza dar conto di attentati, morti, sangue, esplosioni. La Melandri ci dice che anche chi ha sposato, dato la vita, amato l’assassino, il pedofilo, il terrorista, viene annientato dal dolore . A loro per sopravvivere serve un surplus di coraggio e più di altri sono obbligati a guardare dentro se stessi e ai propri figli, mariti, fratelli.

 

Francesca Melandri ha già pubblicato per Mondadori "Eva dorme", lavora come sceneggiatrice. Con questo romanzo ha ottenuto il secondo posto al Premio Campiello 2012.

 

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