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11 giugno 2013 2 11 /06 /giugno /2013 23:50

I nostri figli sono furbissimi. Hanno antenne incredibili quando si tratta di percepire i segnali che noi mandiamo. Certo, perché noi mandiamo costantemente dei segnali, anche quando non ce ne accorgiamo. Sono segnali che rispecchiano il nostro pensare, che sono allineati con il nostro sentire. Coerenti con quanto siamo.

Ecco, è di coerenza che oggi vi voglio parlare. La coerenza educativa è fondamentale per vedere il frutto di quanto seminato. È come dire:”Si fa così, io faccio così”.

Il bambino percepisce l’indicazione, la vede concretizzata nel comportamento dell’adulto e si allinea alla richiesta.

Semplice.

Ma così semplice non è, nella realtà, perché spesso l’adulto dice al bambino:”Si fa così!” poi nel suo quotidiano fa altro.

Potremmo dire molto a proposito, ma voglio condurvi nel mondo della lettura e mostravi come anche qui la coerenza, a volte, sia debole.

“Leggi” diciamo a nostro figlio ”è bello!”. Poi, quando abbiamo del tempo libero, non portiamo mai i nostri bambini in una libreria. Facciamo sicuramente molte altre cose, questa no o di rado.

Ma se è così bello leggere, perché non accompagniamo i nostri figli nella “casa” dei libri? Perché non andiamo con loro alla fonte del piacere?

I bambini ci osservano, osservano i segnali che mandiamo (incoerenti in questo caso) e valutano. “Forse non è così bello leggere” si sentono autorizzati a pensare. E hanno ragione!

Le librerie hanno un patrimonio di libri straordinario, personale competente che aspetta solo di indirizzare il lettore verso il libro che desidera. Hanno libri, tanti libri che attendono di essere presi, aperti, sfogliati, comperati, letti, consumati.

Libri che aspettano i lettori.

Le biblioteche sono anch’esse le “case” dei libri. Lì si adottano i testi, non si comperano. Si adottano per un po’, si prendono in prestito per un certo periodo, gratuitamente, e poi si restituiscono. I bibliotecari vigilano sui loro tesori con competenza, informati sempre sulle novità. Anche loro rimangono in attesa dei lettori, pronti a consigliarli per il meglio.

Così ci sono librerie e biblioteche che corrono il rischio di rimanere vuote solo perché alcuni adulti suggeriscono ai loro figli di leggere, ma non li portano mai ad attingere linfa alla fonte della lettura.

Non sono coerenti con il loro messaggio.

Dobbiamo sempre riflettere sui nostri comportamenti. I nostri figli sono osservatori attenti e la coerenza tra ciò che diciamo e ciò che facciamo incide fortemente. In ogni ambito.

Buona qualità di vita!

A spasso con i buoni pensieri di Mariella Lunardi. Maggio 2013
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3 maggio 2013 5 03 /05 /maggio /2013 23:53

Immagine1-copia-1Il compito del genitore è un impegno tra i più complessi, anche se meraviglioso.

Generalmente chi decide di avere un bambino compie questa scelta con un desiderio del cuore colmo di tenerezza, un bisogno profondo della coppia di continuità, l’idea che una vita a due non basti più e che si debba andare oltre, lasciare il “testimone” a qualcosa di più grande del nostro io limitato. Si delinea l’esigenza di una vita nuova fusa nell’individualità di due persone che nell’amore si sono amalgamate e che nel concepimento escono dal dualismo per continuare il loro affetto in un individuo appunto nuovo: il figlio.

Ogni nascita è un miracolo della natura e del cuore, uno schiudersi al mondo che incanta e sempre, sempre stupisce. Chi non si interroga di fronte alla struggente perfezione di manine e piedini di un neonato? Chi non si scioglie di fronte al primo sorriso, al primo interagire di queste creature così piccole, ma così straordinarie?

E il viaggio inizia. Bisogna scegliere il nome, bisogna organizzare una stanza. Ci sono pannolini e bavaglini da comperare e più avanti scuole da prenotare, attività da organizzare. Parte un fermento più o meno consapevole intorno al figlio, a quel figlio che reclama un posto fisico e psicologico in famiglia, come a dirci:” Ci sono, da oggi in poi dovete fare i conti anche con me”.

La vita di coppia si trasforma inesorabilmente, si plasma a nuova consistenza; cambiano le dinamiche, cambiano a volte le alleanze, si modificano i ritmi, vengono stravolti gli spazi. Una vita nuova richiama al cambiamento e mamma e papà si prodigano felici perché quello che hanno ricevuto, la luce dei loro occhi, vale tutte le rivoluzioni del mondo. È amore: istintivo, passionale, totale quello del genitore, che si dà senza misura giorno e notte per la sua creatura così desiderata.KLIUzDggp2Q8 s4-m

In questo fermento carico di affettività ancora una volta corriamo il rischio di farci risucchiare dal “fare” intorno a nostro figlio. Ma quando mettiamo al mondo delle creature abbiamo dei doveri che vanno oltre a quelli materiali. Generando ci assumiamo il delicato compito dell’educare la creatura generata, compito questo che spetta a noi genitori, principalmente a noi genitori; è un impegno che rispetto a tutto il resto risulta fondamentale.

L’educazione riguarda la sfera comportamentale e spirituale della persona. Educando un figlio lo formo, lo indirizzo, gli do la rotta, come si fa con una nave guidata dal faro.

I figli sono germogli nei pensieri e nelle azioni e l’educazione impartita dai genitori orienta la crescita di questa pianta. Il germoglio è duttile al cambiamento, ma quando il tronco sarà rugoso e solido, ogni modifica diverrà più faticosa. Ecco perché l’azione educativa in un minore è così delicata e importante: perché orienta la vita futura del figlio.

Questo ruolo educativo, però, trova a volte pochi spazi di preparazione all’interno della coppia. Si ha l’idea, pescata chissà dove, che genitori si nasca, che tutti lo diventino semplicemente e che quindi si sappia essere genitori quasi in automatico. L’idea di fondo è che non serva “una scuola” per essere padre o madre. Mentre ci aggiorniamo sull’ultima novità in fatto di pannolini e pappa, non riteniamo necessario interrogarci sulla valenza dei nostri comportamenti educativi. Non ci aggiorniamo, non leggiamo, non frequentiamo conferenze, non creiamo gruppi di confronto. Molto spesso ciò che ci orienta, o per lo meno che orienta qualcuno, sono i comportamenti comuni che si vedono proporre nelle coppie amiche, nei vicini di casa. Così le scelte nostre diventano le scelte degli altri e noi ci lasciamo sfuggire lo scettro educativo, quell’autorità decisionale che compete al genitore.

SCELGO PERCHE’ E’ UN MIO DIRITTO - DOVERE.

MENTRE SCELGO, MI INFORMO SU COSA VOGLIO PER MIO FIGLIO.

LA MIA SCELTA DIVENTA CONSAPEVOLE E LA MIA AUTORITA’ SI RIVESTE DI DIGNITA’.

 

Ecco cos’è importante per una mamma e un papà: recuperare la consapevolezza del loro ruolo nell’educazione del figlio, ruolo che non può essere delegato, perché un figlio si ispira al genitore per camminare nella vita.

I nostri figli sono imbarcazioni leggere, noi genitori il loro faro, la rotta che tracciamo determinerà il loro futuro.

Interrogarsi sul nostro ruolo educativo è uno dei doni più preziosi che noi possiamo elargire al nostro bambino.

Buona qualità di vita!

 

                                                Mariella Lunardi

 

 

 

 

 

 

 

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24 marzo 2013 7 24 /03 /marzo /2013 13:43

 

KLIUzDggp2Q8 s4-mGli occhi dei bambini sono laghi animati dai sogni. I più piccoli non sanno parlare, ma ugualmente comunicano con uno sguardo disarmante che ti penetra e folgora la parte di te che è stata come loro: innocente, pura. Perché i bambini sono puri: ancora non li abbiamo contaminati con i nostri desideri, con le passioni, con i bisogni…con quei vuoti da riempire a tutti i costi, senza badare al come, al perché…

I bambini no, loro non fanno così: hanno la speranza davanti, hanno fiducia e in fondo si accontentano di poco: la protezione, il gioco, il cibo, l’amore di chi li accudisce. Un amore cieco al quale i piccoli si affidano perché l’adulto sa quello che fa, perché è la guida, perché si fidano di lui.

Ci sono adulti che invadono la purezza dei bambini con la loro meschinità, violano la speranza, distruggono la fiducia di bimbi che ignari e accerchiati cadono nella loro trappola, senza alcuna possibilità. Allora è struggente il dolore di tale infamia e poco importa se fisica o consumata con lo sguardo. È la malvagità del pensiero che è intollerabile, un crimine che non può essere scusato mai. Lì non c’è più vita, perché è stata rubata l’innocenza.

 

 Immagine1-copia-1

Da “DISPERSA NEI PENSIERI DEL MIO CUORE”

di Mariella Lunardi - attiliofraccaroeditore

 

NON TOCCARE

 

Non guardare quel bimbo:

i suoi occhi implorano

l’innocenza.

Non toccare quel bimbo:

la sua pelle esige

il rispetto.

 

 

Lascia andare quel bimbo:

il suo corpo reclama

 la libertà.


Non sporcare quel bimbo

con la tua aberrazione:

la purezza l’ha forgiato,

appartiene alla Vita.

 

 

Ogni essere umano siamo noi. Ogni dignità è la nostra. Ogni bimbo ci appartiene perché il suo futuro racchiude anche la nostra speranza. Ogni violazione della dignità dell’uomo è la violazione della nostra dignità.

Ogni bambino violato è una lacerazione per ogni individuo, un urlo prorompente che ci inchioda alla vergogna.

 

È un diritto per tutti una buona qualità di vita.

 

                                                        Mariella Lunardi

 

 

 

 

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27 febbraio 2013 3 27 /02 /febbraio /2013 22:05

Immagine1-copia-1Le storie ci parlano. Ci raccontano di uno scrittore che ha un’idea e decide di trasformarla in racconto. Ci dicono di quell’idea che stuzzica la mente dello scrittore, la solletica, la punzecchia nel tentativo di prendere forma. Allora le parole scorrono nella mente: bizzarre, inizialmente confuse, quasi a chiedersi chi sono e cosa devono diventare. Lentamente le parole indossano vestiti e si trasformano in personaggi, luoghi, azioni. C’è un grande fermento che passa dalla mente dello scrittore al foglio. Un lavorio di scelte soppesate. Il personaggio avrà capelli biondi o neri? Sarà donna o maschio? Alto o basso? E così via, parola dopo parola, a costruire un’immagine, a pennellare un corpo, a inventare un luogo, a esprimere uno stato d’animo…

Poi la trama: un intreccio di eventi inconsueto, mai letto prima, perché il lettore possa appassionarsi alla storia e non mollarla più, fino a raggiungere il finale, l’apoteosi della narrazione, la corona sul capo del re, la ciliegia sulla torta, la meta raggiunta da chi scrive e da chi, più avanti, leggerà.

Le storie ci parlano. Ci raccontano di bimbi annoiati che prendono in mano un libro. Lo annusano come si fa col cibo. Che odore ha questa copertina? È puzza o profumo quella del titolo? Lo assaggiano come si fa con un piatto nuovo. Com’è il sapore delle prime pagine? Le mangio o non le mangio?

Ci sono bambini, piccoli lettori, che assaggiata la storia, vi si tuffano come sulla panna montata: di getto, di gusto, tutto d’un fiato. Allora il libro si apre, si spalanca e le pagine sono vagoni di piacere e le parole navicelle spaziali.

Tutto è possibile in questo mondo nuovo proposto dalla storia e il lettore incontra nei personaggi amici inconsueti, visita luoghi inesplorati e vive avventure impensate.

Ci sono bambini con il naso incollato alle pagine che, grazie alla magia delle parole, viaggiano con la mente e si distaccano dal reale per approdare altrove, esattamente dove lo scrittore sperava andasse il suo lettore. I mondi si moltiplicano perché di fronte alle parole delle storie ogni lettore compie un viaggio personale e ogni viaggio è un’avventura unica.KLIUzDggp2Q8 s4-m

Ci sono autori felici che vedono bimbi che leggono le loro storie.

Ci sono bambini tristi, pur senza saperlo, perché non varcano mai le porte di una libreria, di una biblioteca, che sono l’aeroporto prima del viaggio. A loro è negata la magia, perché non hanno mai fatto dimestichezza con il volo.

Amare leggere è un diritto, insegnare l’amore per la lettura è possibile.

Buona qualità di vita!

                                                         Mariella Lunardi

 

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20 gennaio 2013 7 20 /01 /gennaio /2013 23:49

 

KLIUzDggp2Q8 s4-mHo riflettuto in questi giorni sull’importanza di rendere consapevole un bambino di come ogni sua azione possa determinare una conseguenza.

Quando intendo “ogni sua azione” mi riferisco al piccolo mondo del bimbo e ad azioni concrete come, ad esempio, disobbedire a un comando dato, dire una bugia, litigare con un compagno, non impegnarsi a scuola… ma anche: essere generoso, essere obbediente, essere disponibile…

Se dovessimo fare una riflessione più ampia, dovremmo ragionare sul fatto che noi umani ci ostiniamo a vivere convinti di essere soli al mondo e quindi in primo luogo cerchiamo soluzioni che soddisfino noi stessi; spesso viviamo dimentichi che esiste un equilibrio cosmico che ci richiama a gran voce a una corresponsabilità che un po’ abbiamo trascurato. In quest’ottica di comune appartenenza, va da sé che ogni azione che compio si ripercuote più ampiamente su chi mi circonda, nel bene o nel male delle mie scelte.

Perché un bambino possa capire che vivere la vita in modo sano e responsabile riguarda tutti, deve prima aver chiaro che nel suo piccolo mondo ogni azione da lui compiuta può avere una conseguenza.

Se capirà dalla propria esperienza questo, sarà in grado successivamente di intuire come le azioni individuali, in un qualche modo diretto o indiretto, nel breve o nel lunghissimo tempo, possano riguardar appunto l’intera umanità.

AZIONE CORRISPONDE A CONSEGUENZA

Perché abbino queste riflessioni così ampie e complesse alla vita dei bimbi?

Presto detto: noi genitori fatichiamo a lasciare solo nostro figlio di fronte alle conseguenze delle sue azioni, fatichiamo a lasciarlo solo a ragionare su quello che ha fatto e sulla conseguenza che deve gestire. Se l’azione del bambino è sbagliata, la conseguenza facilmente sarà triste e noi proprio non ce la facciamo a “lasciare” nostro figlio nella sua sana e doverosa tristezza, dentro alla quale lui è chiamato a riflettere.

Ecco, la sofferenza dei nostri figli ci disarma sempre: li vorremmo eternamente felici e soddisfatti. Ma la vita è così? E se noi togliamo ai bambini la possibilità, nel loro mondo, di fare esperienze di vita, come li prepariamo al futuro che li attende? Disarmati. Siamo disarmati noi di fronte alle loro sofferenze e lasciamo disarmati loro di fronte alla vita.

Certo, questi sono pensieri che richiedono approfondimenti e ulteriori riflessioni, sono pensieri molto complessi. Io, come genitore, però, avrei dovuto più spesso dire:

L’insegnante ti ha rimproverato? Avrà avuto le sue ragioni, rifletti.

Hai preso un brutto voto? Studia di più.

Sei tornato con una nota perché hai dimenticato il materiale? La prossima volta ricordatelo.

Non ritieni giusto questo castigo? Non sempre nella vita le cose sono giuste.

Ti senti escluso dal gruppo? Rifletti su come ti comporti.

È chiaro che mi riferisco a situazioni che si possono definire nella norma e che il compito primario di un genitore è quello di tutelare il figlio, ma è altrettanto importante lasciarlo vivere accogliendolo anche nei suoi errori, indicandoglieli senza risolverglieli.

E se soffre?

E chi non soffre?

Affrontare da piccoli la sofferenza e saperla gestire è un’abilità che servirà per affrontare successivamente la vita, quando noi genitori dovremo fare un passo indietro e lasciare spazio al nostro figlio che cresce e si fa adulto.

Educare è un compito così complesso! Ogni giorno, tra una riflessione e l’altra, ognuno di noi cerca di fare il meglio che può per il proprio figlio. Mettersi in discussione ed eventualmente assestare la rotta è amare.

Buona qualità di vita!

                                             Mariella Lunardi

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13 gennaio 2013 7 13 /01 /gennaio /2013 21:43

 

Immagine1-copia-2Mariella ci regala  questo piccolo libro  dedicato a tutti i bambini della sua vita. E sono tanti i bambini che Mariella ha incontrato e che anche oggi riempiono le sue giornate di insegnante.


 Qui Mariella, attraverso Nonna Lalla, si siede in mezzo ai suoi bambini e racconta tre storie da mordere per ridere e sognare.

 


“ Paolino ama solo il computer e la sua stanza nella quale si chiude, ma scoprirà che esiste un mondo meraviglioso che lo aspetta.

Trillino è stupefacente: giovane, coraggioso e intraprendente. Conoscerà Anna e la salverà.

Poldo è ….. poveri noi! Per Poldo ci sono poche speranze: scansafatiche, bugiardo e sempre nei guai. Sarà obbligato a cambiare. Ma come?

 

 

Il libro è supportato da un fascicolo dedicato all’adulto che vuole utilizzare la lettura per instaurare un dialogo con il bambino viaggiando nel mondo dei sentimenti proposti dalle storie.

Le belle illustrazioni sono di Benedetta Pasetto

(Attilio Fraccaro Editore) euro 10.00

 


 

 

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17 ottobre 2012 3 17 /10 /ottobre /2012 00:36

 

KLIUzDggp2Q8 s4-mCi sono vuoti e vuoti. Alcuni lasciano uno spazio che si decide di ignorare, altri creano un buco, un’assenza che chiede di essere sostituita.

Ci sono vuoti che diventano una liberazione, ci sono mancanze che non trovano consolazione.

Ogni vuoto offre delle domande e ci obbliga a una riflessione: cosa c’era prima? Perché ora non c’è più? Questa mancanza mi dà sollievo o è una sofferenza per me? Avrei potuto evitare questo vuoto?

Così  capita di darci da fare a colmare spazi che non vogliamo vedere inutilizzati: spazi di tempo, spazi di cuore, spazi di pensiero.

Un vuoto, però, ci interroga più di altri: è quello educativo che lasciamo nel nostro rapporto con i figli. Ci pone dei quesiti, in quanto non capiamo bene come possa esistere, dato che siamo ogni giorno a correre da mattina a sera proprio per i nostri piccoli.

Come spiegarlo?

Ritorna il concetto di presenza educativa che non si prende cura del fare del bambino o per lo meno non solo. Qui si parla di una presenza che si fa ascolto, guida, dialogo, si trasforma in una relazione profonda che si interpella sul valore del ruolo genitoriale, su questo importante e privilegiato compito che spetta di diritto alle mamme e ai papà.

Questo spazio nella vita dei nostri figli è troppo importante per rimanere privo di utilizzo. Spazio vuoto = assenza  educativa.

Io genitore lascio questo spazio ad altri quando metto mio figlio solo davanti alla televisione, quando delego le agenzie educative a fare una parte di ciò che mi compete, quando mio figlio naviga in internet o lo lascio con il cellulare in mano, quando non ci sono a dare la mia versione della vita e permetto che le versioni altrui passino senza un confronto.Immagine1-copia-1

Ecco perché i vuoti educativi sono i più pericolosi e ci spingono a una domanda per certi versi inquietante: se non ci sono io, chi riempie il mio spazio nella vita di mio figlio?

Ci sono vuoti e vuoti. Il vuoto educativo è una sconfitta genitoriale. 

Buona qualità di vita!

            Mariella Lunardi

 

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13 settembre 2012 4 13 /09 /settembre /2012 00:04

KLIUzDggp2Q8 s4-m

Dobbiamo necessariamente trovare il tempo di fermarci e di offrire ai nostri figli la possibilità di stare con noi e contemporaneamente di parlare con noi.

Ma parlare di cosa? Di quello che hanno fatto? Di quello che faranno? Dei giochi? Dei programmi? Della scuola? Di televisione?

Potrei continuare offrendo esempi sui molteplici contenuti con cui spesso riempiamo le nostre conversazioni, orientati da uno stile sociale che ci invade di incombenze pratiche.

Forse, però, troppo poco ci chiediamo: Come stai? Come ti senti? Sei triste? Sei allegro? Sei soddisfatto di come sono andate le cose oggi? Raccontami quello che è successo e quello che avresti voluto succedesse … E anche qui le domande potrebbero essere infinite.

La differenza in cosa consiste?

Nelle prime indago sul fare, nelle seconde sul sentire. La diversità è abissale, perché sono completamente diversi i piani d’indagine, di riflessione.

Ecco, io credo sia importante spostare il contenuto delle conversazioni in quest’ultima direzione, per dare al bambino la possibilità di esprimere i suoi sentimenti, i suoi pensieri , le emozioni, siano esse  positive o negative.

A noi il compito, poi, di guidarlo in questo viaggio, magari cogliendo l’occasione per proporre a nostro figlio i nostri valori, perché qualcuno deve farlo e se il genitore non adempie a questo delicato e fondamentale compito, lascia un vuoto educativo che verrà riempito da altri.

Altro problema che possiamo porci è il seguente: come fare a introdurre queste conversazioni così intime e così poco superficiali? In fondo si parla di bambini.

Ebbene, le storie ci vengono in aiuto. I libri sono una fonte inesauribile di spunti per il dialogo profondo. Intanto perché i temi sono trattati in mondi a misura di bambino ( i personaggi e le storie sono tarati per ogni età e possiamo  scegliere  accuratamente tra le varie proposte) e le tematiche sono quelle dell’infanzia. Lo sanno bene gli scrittori che affrontano tanti problemi e lo fanno entrando nell’universo dei piccoli ed esplorandolo con maestria!

Immagine1-copia-1


Allora prendiamo un libro e cominciamo a leggerlo a voce alta al nostro bambino.Poi aiutiamolo a capire non solo la storia, ma  anche le possibilità che la storia stessa può regalarci: sono queste le conversazioni del cuore.

Il personaggio ti assomiglia?


Ti senti uguale a lui?

Sei coraggioso come lui o hai paura. Quando?

 

Si aprono porte mai attraversate e il libro si trasforma in un’opportunità, un’occasione da non perdere: stare con il proprio figlio, donargli un tempo sano e parlargli di sentimenti.

Non mi sembra poca cosa!


Allora buona lettura e… buona qualità di vita!                                                         

                                                          Mariella Lunardi

 

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25 luglio 2012 3 25 /07 /luglio /2012 15:29


KLIUzDggp2Q8 s4-mCi sono cose che passano di moda, non servono più, catalogate come inutili o superate.

Non credevo che la riconoscenza fosse tra queste, ma vedendola quasi sparita nelle relazioni ho pensato che fosse stata messa da parte, come una scarpa troppo usata, deformata dal tempo, da accantonare.

Ho fatto questo pensiero quando mi sono accorta che la parola “grazie” doveva essere richiesta ai bambini, regolarmente. Un “grazie” può sembrare un semplice gesto di educazione, che a mio dire è dovuto, ma che oggi è desueto nelle abitudini di molti bimbi. Dire grazie, ho pensato quindi, forse non è più di moda.

Poniamo che assieme al grazie non sia più di moda nemmeno la buona educazione, cosa dire allora della riconoscenza?

La riconoscenza è la linfa dei rapporti duraturi, è un solco nella memoria, un miele di gratitudine nelle pieghe del cuore.

Riconosco quello che fai per me e te ne sono grato.

Immagine1-copia-1.png

Riconosco te, individuo, e quindi imparo che da solo non basto.

Riconosco che ti sei adoperato per me gratuitamente o nell’adempimento del ruolo che occupi.

Te ne sono grato e te lo dimostro gratificandoti e motivandoti così a continuare, perché quanto mi hai dato è stato riconosciuto.

Ricevo, riconosco, restituisco.

La relazione si fa dinamica in uno scambio reciproco di doni: ciò che abbiamo ricevuto e la riconoscenza che restituiamo.

Un grazie costa pochissimo, ma dà molto. Non è una semplice parola legata alla buona educazione e che dovremmo sempre insegnare ai nostri bambini, assieme a tanti piccoli gesti gentili.

Un grazie è un aspetto formale della riconoscenza e la riconoscenza un valore reale che arricchisce l’animo.

Diamo per scontato troppo ed insegniamo troppo poco ai nostri figli la bellezza di tutti i mille gesti che quotidianamente riceviamo e potremmo ripagare semplicemente con un… grazie.


Buona qualità di vita!                                   Mariella Lunardi  

 

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20 giugno 2012 3 20 /06 /giugno /2012 22:45

 


KLIUzDggp2Q8 s4-m

A chi piace il conflitto? A nessuno, immagino.

Eppure il gioco dei ruoli nella relazione genitori-figli lo prevede. Il genitore dà le regole, il bambino cerca una scappatoia per non rispettarle. L’assenza di questo conflitto non è positiva se l’adulto, pur di vivere sereno, evita i conflitti che sostituisce con una forma di accondiscendenza per tutto.

Si ha paura del conflitto perché si crede che indebolisca il rapporto con il figlio, inclini il suo amore per noi.

Ma esserci  ed esserci portando nella vita dei piccoli  delle indicazioni chiare è fondamentale.

I bambini sono imbarcazioni leggere che hanno bisogno di una rotta per affrontare il mare aperto. I nostri limiti, dettati dalle regole che indichiamo, sono proprio quella rotta che diamo da seguire, per evitare le secche o le bufere dei venti.

Un genitore deve essere autorevole anche quando gli sembra di non essere amabile.

 

Invece proprio così ama totalmente il figlio, assumendosi il ruolo educativo. Ti amo, ci sono, ti insegno cosa è bene per te. Tu magari inizialmente contesti, ma io ti spiego che il tuo compito, per ora, è obbedire. Tutto qui. Ruoli educativi chiari, che guidano l’imbarcazione verso rotte sicure.

Si semina oggi, magari con fatica, per raccogliere un domani.

Buona qualità di vita!                   

 

  Mariella Lunardi

 

M. Lunardi, "LeggiAmo. guida alla lettura condivisa genitori figli",  San Paolo editore, 2011

 M. Lunardi, "Dispersa nei pensieri del mio cuore" Attilio Fraccaro editore 

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