In occasione dell'uscita del suo nuovo romanzo, Il canto del ribelle, abbiamo intervistato Joanne Harris che, molto gentilmente, ha accettato di raccontarci qualcosa sulla sua passione per la mitologia norrena e su questo nuovo lavoro fantasy.
La ringraziamo per la sua disponibilità e gentilezza e vi invitiamo a leggere questa chiacchierata.
1. Vorrei iniziare l’intervista partendo dalle basi e chiedendole come mai le piacciono così tanto i miti nordici e in particolare la figura di Loki.
Forse perché le tradizioni dello Yorkshire sono strettamente intrecciate con la storia degli invasori vichinghi, ma comunque ho sempre trovato i loro miti interessanti. È una cultura molto vivace, con un 'cast' meraviglioso di personaggi e un’immagine del mondo piuttosto unica. Riguardo a Loki, lui è di gran lunga la figura più interessante e dinamica nel pantheon norreno. È anche il più incompreso. Questo è parzialmente dovuto al fatto che i miti nordici originali (tramandati e arricchiti lungo i secoli da una lunga e antica tradizione orale) sono stati quasi interamente persi, ed esistono oggi solo come resoconti frammentati messi per iscritto dagli studiosi cristiani. D’altra parte, il suo personaggio è così complesso e misterioso che non smette mai di essere rilevante.
2. I miti norreni sono una miscela di molte storie e versioni. Quali tipi di ricerche ha svolto (se ne ha svolte)? E ha selezionato qualche evento particolare piuttosto che altri?
Sto facendo ricerca su questi miti fin da quando sono bambina. Ho perfino imparato l’islandese antico in modo da poter leggere i testi in originale. Sono testi antichi, e la storia è incompleta, quindi la mia sfida è stata quella di metterli in una sorta di ordine logico, oltre che riempire alcuni ‘buchi’, e cercare di dare una sequenza lineare a racconti che, fino ad oggi, non sono davvero esistiti in un ordine specifico. Alcuni pezzi di congiunzione sono di mia invenzione, ma ho cercato di usare il più possibile il materiale di partenza, quindi molti dei miti principali si trovano nel libro.
3. Come è riuscita a entrare nella mente di Loki? E come si è sentita a vestire i suoi panni?
È stato molto divertente, e sono stata capace di giocare sia con lo humour del personaggio che con il suo senso di alienazione e rivolta.
In un certo senso lui è molto l’imbroglione archetipico, come raffigurato nell’Edda di Snorri. Nei miti originali, noi non arriviamo a conoscere niente riguardo i pensieri di Loki e le sue motivazioni. La descrizione più lunga e completa della sua voce e della sua natura è un testo dell’Edda Poetica chiamato Lokasenna (una sorta di scambio rituale di insulti, parte di una lunga tradizione nella cultura norrena), nel quale Loki, imbucandosi ad una festa alla quale non era stato invitato, insulta a turno tutte le divinità. Ho iniziato con questo testo in mente. Mostra Loki come rancoroso, sprezzante, derisorio e crudelmente divertente, sebbene nell’Edda non ci siano molte spiegazioni su come sia arrivato a quel punto.
Siccome Il canto del ribelle è scritto nella voce di Loki, il risultato è un monologo interno di Loki, con le sue piccole divagazioni, le sue osservazioni sulla vita, le sue concise descrizioni degli dei, i dettagli della sua esistenza e la sua vita emotiva. È un narratore molto inaffidabile, e lo dice dall’inizio. È anche il più grande narcisista, che sposa una considerazione di se estremamente elevata con grande sdegno di tutti gli altri. Comunque, Loki è anche completamente privo di consapevolezza di sé; assume forma umana e inizia a scendere a patti con nuove e pericolose emozioni umane, inizia a sperimentare il dubbio, l’auto ripugnanza, l’invidia, l’autocommiserazione, il senso di colpa, forse anche l’amore.
4. Possiamo dire che questo libro è anche una storia sul potere delle parole? Lei scrive spesso, nel romanzo, che le parole sono le vere creatrici del mondo (e non posso fare a meno di pensare che in inglese word (parola) e world (mondo) sono molto simili). Inoltre le parole che Loki usa per raccontare la sua storia ci permette di cambiare prospettiva sugli eventi. E poi anche le rune sono magiche…
Sì, riguarda molto il potere delle parole. Parole magiche, come le rune, ma anche il potere della mente contro il potere della forza bruta. Loki esiste in una società patriarcale dove quasi ogni problema viene risolto con un conflitto, e sebbene lui non abbia mai tirato un pugno, riesce a sopravvivere con l’intelligenza, da solo. Quel ‘da solo’ lo rende eccezionale, ed è parte del suo fascino.
5. I cattivi sono davvero cattivi? Intendo dire che siamo abituati a pensare a Loki come al cattivo ragazzo della storia, e lui sicuramente non è un santo, ma allo stesso tempo, e lei lo spiega nel libro, non è solo un ragazzaccio, ha anche aiutato molto gli altri ed è parte della creazione del mondo. Pensa che ci sia la tendenza a vedere le cose in bianco o nero?
Sì, penso che lo facciamo, probabilmente per via del messaggio cristiano incorporato nell’Edda di Snorri. Sospetto che il Loki del mito ‘originale’ fosse una figura molto più ambigua. Lo rende più interessante e, essenzialmente, più umano.
6. Loki, grazie alla Marvel e all’interpretazione di Tom Hiddleston, è un personaggio oggi molto conosciuto e molto amato. Ma, ovviamente, si tratta di una versione molto diversa dall’originale. Pensa che questo possa cambiare la reale comprensione degli antichi miti? E, nel caso, sarebbe un problema? E cosa pensa che le persone amino in un personaggio di questo tipo?
I miti sono nati per evolvere o morire. Penso sia grandioso che questi miti siano passati attraverso così tante re-immaginazioni. Questo prova che c’è ancora molto da imparare da loro, e la popolarità di Loki in particolare riflette il nostro interesse per il personaggio emarginato e complesso. La sua ribellione contro l’autorità, la sua alienazione sociale, la sua natura auto-distruttiva, tutto riflette aspetti e problemi della nostra società in evoluzione.
7. Non mi piace classificare le storie per generi, ma non ci sono dubbi che un lettore italiano che ha iniziato a seguirla con romanzi come Chocolat, Vino, patate e mele rosse, Cinque quarti d’arancia, ecc. fosse probabilmente impreparato alle sue storie fantasy, sebbene lei abbia sempre inserito la magia e il folklore nei suoi romanzi. Anche perché spesso la narrativa fantastica viene considerata un po’ di serie B.
Cosa le piace della letteratura fantasy e cosa pensa possa offrire che la letteratura ‘realista’ non può?
C’è un forte elemento magico e folkloristico in tutti i miei libri, incluso Chocolat e le alter storie di Vianne Rocher. Non vedo davvero questi libri mitici come significativamente differenti, e nemmeno faccio una distinzione tra ‘realismo’ e fantasy. Usiamo storie, magiche o no, per esplorare idee e, a volte, per esplorare il lavoro del subconscio umano attraverso metafore e analogie. Chiunque pensi che il fantasy sia un genere minore dovrebbe probabilmente leggere qualcosa di Jung e Freud, e considerare che letteralismo non è la stessa cosa di letteratura…
8. Lei è molto attiva su twitter e io amo particolarmente il suo #storytime (con questo hashtag Joanne Harris scrive delle piccole fiabe su twitter). Come mai ha deciso di condividere queste specie di fiabe sul web e in questo modo particolare? E cosa sono le storie per lei? E cosa spera che queste storie possano essere per gli altri?
Le storie sono storie. Le persone ci vedono quello che vogliono. Alcune persone ci vedono messaggi, altre intrattenimento. Non penso stia a me di dire alle persone cosa vederci. Le scrivo su twitter perché mi diverte usare un mezzo differente, proprio come scelgo di ricreare alcune delle mie storie di twitter come pezzi musicali e suonarli con la mia band. Ci sono così tanti modi di raccontare e scrivere storie, e mi piace il modo con cui ognuno crea un diverso tipo di narrativa.
9. Siamo alla fine e quindi concluderei con una domanda ‘classica’: ci saranno altre storie di Loki? E di Maddy?
Sì, penso che probabilmente ci saranno.